Aule pollaio e bombe d’acqua

Di Marino Mariani

Il piccolo Einstein nella Petersschule era l'unico ebreo tra 71 compagni

Il piccolo Einstein nella Petersschule di Monaco era l’unico bambino ebreo tra 70 compagni di classe

Sul Corriere della Sera (edizione online) del 19 settembre 2014, preceduto dal titolo:” Quarantadue in una sola aula/Il «record» amaro di Caltanissetta, leggo questo articolo:

Quarantadue allievi, tra i quali quattro disabili, stipati in una sola classe di liceo a Caltanissetta. Il sovrannumero è dovuto alla formazione di una terza, attraverso la fusione di due seconde, perché non ci sarebbero state alternative a questa soluzione. «È gravissimo che si sia arrivati a questa situazione. Comprendo che c’è una dotazione organica assegnata dalla regione agli ambiti territoriali, ma ci sono priorità ed esigenze di cui si deve tenere conto. Era impossibile suddividere gli alunni in altre terze classi con altri indirizzi, non potevo dirottare gli studenti su un altro corso perché non avrei rispettato il diritto di scelta delle famiglie», ha commentato Giuseppina Mannino, dirigente scolastica del liceo delle scienze sociali «Manzoni».«Studenti trattati come polli»:La seconda classe di terzo anno non è stata concessa dall’ufficio scolastico provinciale a causa dei tagli e della riduzione degli organici disposti dal governo. «Noi dirigenti – aggiunge – veniamo chiamati solo ad attenerci ai numeri, senza tenere conto di nient’altro, ma a me sta a cuore soprattutto l’interesse delle persone e salvaguardare il diritto allo studio affinché la scuola pubblica funzioni meglio per fornire ai ragazzi competenze necessarie per il loro futuro». «Diritto allo studio non è una parola che passa dalla porta di una classe con 42 alunni – dice Andrea Manerchia, coordinatore regionale della Rete degli studenti medi – ed è incredibile che succeda proprio in Sicilia, che presenta un tasso di dispersione scolastica del 24,8%, con picchi del 30% nelle province più disagiate. Non è tollerabile, nel 2014, che uno studente debba essere trattato come un pollo in un pollaio». Stesso parere per Massimo Di Menna, segretario generale Uil Scuola: «I tetti predefiniti degli organici sono la causa di tante storture e disagi che denunciamo da anni, fortemente aggravati dai tagli. Una cosa è certa: 42 alunni in una classe sono non solo la negazione del diritto allo studio ma una chiara illegalità. È urgente che il direttore regionale della Sicilia risolva la questione nelle prossime ore. Se non viene fatto, il ministro ha il dovere di un intervento sostitutivo».

"Gaokao": il giorno dell'esame di maturità a Pekino

“Gaokao”: il giorno dell’esame di maturità a Pekino

 Devo aggiungere che quell’articolo del Corriere era corredato anche del seguente sottotitolo: “La preside del liceo delle Scienze sociali «Manzoni» si giustifica: «Era impossibile suddividere gli alunni in altre terze classi con altri indirizzi». Di Menna (Uil): «Quella classe va sdoppiata subito, intervenga il ministro Giannini»”. Non sapevo che eravamo giunti a questo punto. Il tono ingiuntivo del segretario generale della Uil scuola: “Una cosa è certa: 42 alunni in una classe sono non solo la negazione del diritto allo studio ma anche una chiara illegalità” mi ricorda di uno “studiolo”, la cui traduzione dall’inglese mi fu affidata dalla RAI tanti, ma tanti anni fa, e di cui ricordo una sola frase: “il compito della pubblicità è quello di trasformare i desideri in necessità” Dunque siamo giunti al punto che il diritto allo studio viene inteso come la necessità di contenere la capienza di un’aula scolastica al disotto del numero intero 25? Scusatemi, ma troppi anni mi dividono dai tempi della scuola, ed inoltre la mia nipotina va a scuola nel Canton Ticino, abitualmente è la più brava della classe, e quindi l’argomento scuola mi è completamente sfuggito di mano. Come intermezzo, riprendiamo “Il primo giorno di scuola” dal libro Cuore di Edmondo De Amicis:

Oggi primo giorno di scuola. Passarono come un sogno quei tre mesi di vacanza in campagna! Mia madre mi condusse questa mattina alla Sezione Baretti a farmi inscrivere per la terza elementare: io pensavo alla campagna e andavo di mala voglia. Tutte le strade brulicavano di ragazzi; le due botteghe di libraio erano affollate di padri e di madri che compravano zaini, cartelle e quaderni, e davanti alla scuola s’accalcava tanta gente che il bidello e la guardia civica duravan fatica a tenere sgombra la porta. Vicino alla porta, mi sentii toccare una spalla: era il mio maestro della seconda, sempre allegro, coi suoi capelli rossi arruffati, che mi disse: – Dunque, Enrico, siamo separati per sempre? – Io lo sapevo bene; eppure mi fecero pena quelle parole. Entrammo a stento. Signore, signori, donne del popolo, operai, ufficiali, nonne, serve, tutti coi ragazzi per una mano e i libretti di promozione nell’altra, empivan la stanza d’entrata e le scale, facendo un ronzio che pareva d’entrare in un teatro. Lo rividi con piacere quel grande camerone a terreno, con le porte delle sette classi, dove passai per tre anni quasi tutti i giorni. C’era folla, le maestre andavano e venivano. La mia maestra della prima superiore mi salutò di sulla porta della classe e mi disse: – Enrico, tu vai al piano di sopra, quest’anno; non ti vedrò nemmen più passare! – e mi guardò con tristezza. Il Direttore aveva intorno delle donne tutte affannate perché non c’era più posto per i loro figliuoli, e mi parve ch’egli avesse la barba un poco più bianca che l’anno passato. Trovai dei ragazzi cresciuti, ingrassati. Al pian terreno, dove s’eran già fatte le ripartizioni, c’erano dei bambini delle prime inferiori che non volevano entrare nella classe e s’impuntavano come somarelli, bisognava che li tirassero dentro a forza; e alcuni scappavano dai banchi; altri, al veder andar via i parenti, si mettevano a piangere, e questi dovevan tornare indietro a consolarli o a ripigliarseli, e le maestre si disperavano. Il mio piccolo fratello fu messo nella classe della maestra Delcati; io dal maestro Perboni, su al primo piano. Alle dieci eravamo tutti in classe: cinquantaquattro…

Una scuola elementare nel Burundi

Una scuola elementare nel Burundi

Si, il primo giorno di scuola i nostri piccoli eroi erano cinquantaquattro, ma dopo qualche giorno divennero cinquantacinque, per l’arrivo del fanciullo calabrese, ma tornarono ad essere cinquantaquattro quando Franti fu espulso dalla scuola. Val pur la pena di riconoscere che, in fondo, il Cuore era un’opera di fantasia, e forse non rispecchiava la realtà…reale! Giustissimo, tanto più che la realtà, a volte, supera la fantasia. Nell’ottobre del 1885, nella scuola cattolica “Petersschule” di Monaco di Baviera fu iscritto il bambino di sei anni Albert Einstein, assegnato come unico alunno ebreo in una classe di settanta (70) scolaretti. Ora io non posseggo la statistica delle classi scolastiche ordinate secondo l’indice di affollamento, perché non essendo tradizionalmente soggette ad un numero chiuso, tali statistiche non sono mai state fatte. La capienza era automaticamente determinata dal numero dei banchi che si potevano sistemare nei locali a disposizione. Tutti i personaggi che possiamo annoverare nel Pantheon della cultura, dell’arte e della politica nazionale hanno frequentato una scuola libera dal numero chiuso. Ed anche qui ci sono le dovute eccezioni. Antonio Gramsci, a causa della sua salute cagionevole e delle disagevoli condizioni economiche, ha potuto frequentare le scuole saltuariamente e solo in concomitanza con l’erogazione di qualche borsa di studio. Guglielmo Marconi, data l’agiatezza della famiglia, avrebbe potuto avere qualsiasi insegnante, ma condusse i suoi primi esprimenti come autodidatta, avente come assistente il maggiordomo Mignani. La più splendida di tutte fu Margherita Grassini Sarfatti che, dall’alto del suo storico palazzo Bembo sul Canal Grande, ricca e sofisticata, poteva permettersi ogni sorta d’insegnati, a cominciare da Antonio Fradeletto, per seguitare con Pietro Orsi e Pompeo Gherardo Molmenti, per poi godere dell’amicizia di letterati come Israel Zangwill, Gabriele D’Annunzio e Antonio Fogazzaro, oltre che godere di paterna dimestichezza col Patriarca di Venezia Cardinal Giuseppe Melchiorre Sarto, destinato a diventare Papa Pio X, ed in seguito santificato. Tutto ciò riguarda la vita scolastica in Italia nel periodo anteriore alla “mia” vita scolastica: Che iniziò con una irregolarità abbastanza diffusa a quei tempi. Tale irregolarità riguarda l’età d’inizio della vita scolastica, che per legge era di anni 6. Io entrai all’età di anni 5 con il seguente artificio: venni iscritto con la condizionale, nel senso che venivo ospitato in una prima classe femminile e poi, alla fine dell’anno, avrei dovuto sostenere un esame che, se superato, mi faceva ottenere la regolare iscrizione alla seconda. Tutto andò bene, ed a metà della terza classe, mio padre fu trasferito come Delegato Governatoriale, in un paesino vicino a Roma, e poi in un altro. Quando si trattò di entrare al ginnasio, fui ospitato a Roma da nonna Adele. E quando fu il primo giorno di scuola al ginnasio, ebbi una prima delusione, di cui mi resi conto solo negli anni successivi. La storia è questa: fino al 1939 compreso, la scuola italiana era retta dalla Riforma Gentile, che veniva considerata come una riforma di carattere elitario, cui subentrava la Riforma Bottai, più aperta al mondo del lavoro. Ignorando queste cose, che solo in seguito potei ricostruire, rimasi colpito in pieno volto quando, il primo giorno di scuola, la professoressa Castelli ci definì come “operai della cultura”. “Operaio” a me che, pur appartenendo alla classe borghese medio-bassa, mi sentivo più vicino alla nobiltà che non al proletariato! In effetti, nella mia famiglia, da parte di entrambi i genitori, avevamo qualche lontano parente che il suo quartino di nobiltà ce l’aveva. Inoltre mia madre e zia Elisa sua sorella, avevano frequentato la classe d’insegnamento di una nobildonna, detta “La Maestrona”, che per le sue alte conoscenze, otteneva inviti a Corte per tutto lo stuolo delle sue allieve.

Una quarta elementare italiana del 1939

Una quarta elementare italiana del 1939

E così, tra esse, anche mia madre giovanetta venne accolta al Quirinale dalla Regina Elena di Montenegro, che la presentò alle principessine, che donarono ritratti autografi ed altri ben graditi oggettini. Orbene, frugando e rifrugando su internet, ho trovato una foto che ben mi si attaglia, quella di una IV elementare del 1939, con una cinquantina di scolaretti, che poteva benissimo essere una delle classi da me frequentate. Per quanto attiene al mio ingresso al ginnasio, la mia delusione per non essere accolto come il piccolo lord Fauntleroy fu ampiamente compensata dal fatto che, automaticamente entravo nel corpo dei Balilla Moschettieri, con la loro fiammante divisa e le epiche sfilate in via dell’Impero in gruppi di 60 o 70 mila accorsi da tutte le parti d’’Italia. Ma il tempo passa e va, e così, se volessi seguitare il mio racconto in questa stessa chiave, dovrei parlare della sconfitta, della caduta del regime, della fine della guerra, della fine del dopoguerra, fare un salto e giungere ai nostri giorni, in cui la scuola è completamente rosa dalla cancrena, in nome del “diritto allo studio”. Non mi sono mai troppo occupato alla politica italiana, ho smesso presto di andare a votare, e poi ho perso del tutto questo diritto quando ho ottenuto la cittadinanza svizzera. Non so in quale momento la scuola ha accettato l’ingresso nel suo seno di personale estraneo all’insegnamento, ma da quel momento il problema della scuola è stato quello di fronteggiare le richieste di una massa di desperados infiltrati nella breccia. I quali desperados, non so se ne rendano conto, ma sono pedine, carne da cannone (si diceva un tempo) nelle mani della mala che mira al mercato della refezione scolastica. È lì che si trova il tesoro di miliardi di €. La refezione scolastica è una vera benedizioni per le madri che la mattina si devono alzare all’alba per giungere puntuali sul posto di lavoro, dopo un’odissea sui mezzi pubblici urbani ed extraurbani. Fa ancora buio, al massimo possono baciare sulla fronte il loro bambino, lasciar loro una merendina al 40% di grassi idrogenati, e confidare nella refezione scolastica. Questa catena va spezzata! Il bambino e la bambina vanno salvati subito! Una patata lessata con la buccia e un pizzico di sale possono essere considerati come un pronto soccorso d’emergenza. Giuro che nelle prossime puntate vi dirò che cosa dar da mangiare alle vostre creature, piuttosto che il cibo della mala.

…e le bombe d’acqua
Stavo ad arrovellarmi su come concludere il presente articolo in maniera pragmatica, meno accademica e rievocativa di come si stava conformando, quando, alla fine di questo mese di novembre, è arrivata la notizia del nubifragio di Genova, descritto come una vera e propria bomba d’acqua, seguito da un’eguale calamità nel parmense, ed infine a Chiavari. I mezzi di comunicazione hanno messo in piena evidenza l’aspetto tragico di questi eventi ed hanno dibattuto prevalentemente sulla natura dei soccorsi e sulle modalità…Ma di quello che hanno detto i mezzi di comunicazione voi ne sapete ben più di me, che mi limito a leggere quello che trovo su internet. In questi giorni, poi, le cronache registrano disastri naturali con frequenza quotidiana, dibattiti sempre più infocati, scambi di accuse…Ebbene, per quanto alto sia il clamore sollevato dal dibattito, infinitamente maggiore è il clamore virtuale non di ciò che è stato detto, ma di quanto è stato taciuto. Nel 1992 Jeremy Rifkin pubblicò il libro “Beyond the beef”, che io comprai, nello stesso anno, nell’edizione tedesca intitolata “Das Imperium der Rinder”. Dopo averne letto alcune pagine, fui talmente atterrito dalla descrizione delle atrocità degli allevamenti intensivi di bovini, che chiusi il libro e lo riposi in un cassetto dove lo tenni sotto chiave per ben diciassette anni. Poi si verificarono alcuni eventi che mi consigliarono di farmi forza, riprendere il libro e leggermelo integralmente. Tralascio le atrocità e passo alla parte più importante, quella relativa all’effetto serra e al riscaldamento della Terra. Questo fenomeno è dovuto alla progressiva opacizzazione dell’atmosfera terrestre, causata, come tutti sanno, dai fumi industriali. Ma non tutti sanno che un contributo molto maggiore è quello dovuto alle esalazioni degli oceanici allevamenti zootecnici, che producono, accanto alla famigerata anidride carbonica, il ben più pericoloso gas metano, e gli ancora più pericolosi ossidi

Tsunami 2004 in Indonesia

Tsunami 2004 in Indonesia

dell’azoto. L’effetto serra consiste nel fatto che la radiazione solare molto energetica penetri nella nostra atmosfera, si abbatta sulla Terra ove genera numerosi fenomeni, si trasformi per la maggior parte in calore, e cioè in raggi infrarossi, e come tale risale in cielo e va a disperdersi nel cosmo. Ma mentre la radiazione incidente, cioè la luce del sole, buca con facilità lo strato delle impurità gassose che fanno da contorno all’atmosfera terrestre, la radiazione infrarossa di ritorno, avendo una minore energia, trova nello strato di impurità gassose un ostacolo non facilmente valicabile: parte di essa viene respinta e determina il riscaldamento terrestre. Per milioni di anni si è conservato un determinato equilibrio tra energia solare incidente e radiazione infrarossa dispersa nel cosmo, e la temperatura del nostro pianeta è rimasta costante. Ma un paio di secoli di secoli fa, con l’instaurarsi dell’era industriale, quest’equilibrio si è infranto, e la temperatura del nostro pianeta ha cominciato ad innalzarsi, prima assai lentamente, poi più velocemente fino a raggiungere l’attuale ritmo frenetico, perché ai fumi industriali si sono aggiunte le esalazioni degli allevamenti intensivi, nonché gli effetti collaterali dell’incendio delle foreste. Come in una serra la luce del sole entra sfolgorante nelle vetrate, mentre il calore prodotto viene trattenuto da quelle stesse vetrate, così se ne tratterrebbe ancor di più facendo maggiore lo spessore dei vetri. Oggi come oggi, e domani sarà peggio, il grado di annerimento dello strato limite dell’atmosfera fa sì che all’interno di essa si crei, quotidianamente, un sempre maggiore accumulo di calore, cioè di energia, che rende l’atmosfera estremamente instabile, talché la minima perturbazione iniziale si trasforma in un uragano di inaudita violenza. In base a tali considerazioni, facendo gli opportuni calcoli, Rifkin ha previsto che nei successivi cinquant’anni molte città, nel mondo e in America, sarebbero state colpite da disastrosi uragani, e che lo scioglimento dei ghiacci polari avrebbe posto a rischio di sommersione terre come le isole Maldive e l’Olanda. La storia dell’umanità è un’ininterrotta sequenza di apocalittiche profezie che, dissoltesi nella prospettiva dei tempi, oggi fanno quantomeno sorridere, a cominciare dal Diluvio Universale documentato dalla Bibbia, e proseguendo con le cronache di terrore fiorite attorno all’anno mille, nell’imminenza dell’ineluttabile fine del mondo. Tanti sono stati i profeti di sventure, al punto che oggi vengono sistematicamente accolti con ironia dai mezzi di comunicazione, e comunque nessuno presta loro fede. Ma Rifkin non ha fatto profezie, bensì previsioni, tutte cronometricamente verificatesi. Prima dell’uscita del suo libro, nessuno conosceva il vocabolo “tsunami”, ma dopo i maremoti del ’94 con centinaia di migliaia di vittime nessuno più lo ignorò, è anzi divenuto il sinonimo di un disastro di incalcolabili dimensioni. Il 23 agosto 2005 l’uragano Katrina distrusse la città di New Orleans. Nell’articolo “Il Cancro è Vinto: Introduzione” abbiamo pubblicato una foto della città (http://www.famigliamoderna.com/il-cancro-e-vinto/). Dopo una serie interminabile di giorni e notti passati sotto il flagello, Katrina s’allontana e la città sembra riprendersi. Nella foto la città appare sommersa ma tranquilla, come se l’uragano avesse imperversato tutta la notte e si fosse allontanato all’alba, lasciando dietro di sé la classica “quiete dopo la tempesta”. Ma se andate a leggere la didascalia, la foto è stata ripresa sette (diconsi “sette”) anni dopo il passaggio di Katrina, e non dà certo l’idea che dopo qualche settimana avrebbe potuto riprendere il suo normale ritmo vitale. Le notizie sulla ricostruzione di New Orleans sono sempre molto vaghe e di vecchia data. Evidentemente qualche parte della città sarà stata bonificata e rimessa in grado di funzionare, mentre qualche altra parte è rimasta abbandonata a se stessa e non si sa quale sarà il suo destino. New Orleans non è una città di secondo piano, anzi, per certi versi, per l’America e per il resto del mondo rappresenta quello che Napoli rappresenta per l’Italia (e per il resto del mondo): nel 1889 vi nacque Nick La Rocca, figlio di un povero emigrato siciliano, fondatore dell’Original Dixieland Jass (sic) Band, autore della prima incisione discografica di musica jazz, autore del “Tiger Rag”, che sta alla musica popolare americana come “O sole mio” sta alla canzone napoletana, e per tutte queste ragioni viene considerato “il fondatore del jazz”. Nel 1901 a New Orleans nacque anche Louis Armstrong, che del jazz fu il più popolare ambasciatore in tutto

Tsunami 2004 in Indonesia

Tsunami 2004 in Indonesia

il mondo. Ebbene, se il disastro di New Orleans fosse servito ad accendere un dibattito generale, su scala mondiale, o perlomeno su scala nazionale, sulle cause di questi eventi che per frequenza ed intensità rispettavano puntualmente la tabella di marcia stabilita da Rifkin nel suo libro del 1992, forse qualche intelligente contromisura sarebbe stata, se non adottata, per lo meno suggerita. Ma quel dibattito non è mai iniziato, e lo stesso Rifkin, sommerso da un successo e da una notorietà di dimensioni planetarie, dovute ad una serie di sue altre pubblicazioni di contenuto più filosofico, sembra essersi completamente dimenticato del suo antico libro. La lobby americana e mondiale era interessata a mettere le mani sui capitali stanziati per la riparazione dei danni e per la edificazione di fantasiose opere di difesa contro le future calamità. Esattamente come la lobby sanitaria è pronta ad incassare 250mila dollari per ogni nuovo malato di cancro, secondo un’esplicita accusa di Umberto Veronesi cui tutte le autorità competenti hanno ritenuto opportuno rifiutare ogni riscontro, a cominciare dal presidente Giorgio Napolitano, per seguitare con il Ministro della Salute (sic) Beatrice Lorenzin, nella completa indifferenza di tutto il Parlamento e nel totale distacco di Sua Santità il Pontefice Francesco. Gli ultimi esponenti della classe dirigente necrofaga sono impegnati nella febbrile creazione di nuove sventure da cui trar profitto e nella produzione delle ultime carogne da divorare. Fatica sprecata, le risorse si sono esaurite, ed in nessuna parte del mondo i cittadini sono disposti a farsi ulteriormente tassare. Per quanto riguarda l’Italia, gli uragani, fin che si svolgevano in parti remote del mondo, creavano una divertita curiosità. Adesso che, varcate le soglie che si supponevano sicure del Mediterraneo, hanno cominciato ad abbattersi con sempre maggior frequenza ed intensità, ci sarà qualche comune cittadino che si domanderà come faremo a pagare i danni di queste calamità, e qualcun altro che comincerà a sussurrare: “Ma questa è la fine del mondo!” ?. La classe dirigente, quella che gestisce tutte le notizie e tutti i movimenti finanziari di questo mondo, è conscia che la via su cui è instradato il cosiddetto, per sua stessa definizione, “Homo Sapiens Sapiens” è una strada senza uscita? Non perdo tempo a cercare una risposta, il mio problema immediato è quello di chiudere questo articolo per poter intraprendere i passi successivi. Non prima di fare un paio di considerazioni interessanti. La prima è che il vento ha cambiato direzione, prova ne sia che le più autorevoli e diffuse testate giornalistiche, ancora in vita, accanto agli articoli che ironizzano e dileggiano i mentori di un nuovo tipo di alimentazione, e proclamano che “China Study” è tutta una bufala, ebbene questi giornali hanno cominciato a pubblicare con sempre maggiore intensità un nugolo di ricette vegane. Cioè assolutamente prive di componenti di origine animale. È segno che una parte crescente dei lettori è interessata a questo tipo di alimentazione. L’altra considerazione è la seguente: molti sapienti affermano che l’intelligenza dell’uomo ha cominciato a svilupparsi da quando, avendo scoperto il fuoco, si è trasformato da modesto animaletto arboricolo in astuto cacciatore e allevatore di bestiame. Io affermo, invece, che la scoperta del fuoco, ha consentito al predecessore dell’uomo di aumentare a dismisura la sua lista delle vivande, includendovi i cereali, le leguminose, la cassava…tutte piante che obbedivano a determinati criteri di compatibilità con le caratteristiche fisiologiche dell’uomo, una delle quali è la lunghezza del tratto digestivo, che nell’uomo è di dodici volte la misura del tronco e nei carnivori è di tre volte. Quindi il tratto digestivo dell’uomo è quattro volte più lungo di quello di un carnivoro, e questo fa sì che, come rilevato dal premio Nobel 1908 Ilya Metchnicov, la carne e i prodotti animali sostano nell’intestino dell’uomo troppo a lungo, vanno in putrefazione, avvelenano il sangue e sono causa di tutte le malattie. Con la possibilità di trovar nutrimento ovunque, l’uomo diventa cosmopolita, abbandona il suo boschetto e gira per il mondo. Con la cottura scopre l’ingeribilità della carne e dei prodotti animali: può mandarli giù come se fosse diventato anche carnivoro. Se da questo momento in poi l’uomo fosse diventato più intelligente, a maggior ragione lo sarebbe diventato se, invece di attendere chissà quanti milioni di anni per scendere dagli alberi, fosse stato carnivoro sin dalla nascita, chissà quanti milioni di anni prima. Su internet ho trovato un grazioso animaletto, il Tarsius, del tutto simile al progenitore dell’uomo: un roditorino arboricolo dalle dita prensili con pollice opponibile, assolutamente inerme e assolutamente…carnivoro. Si nutre di insetti e, quando può, ruba uova dai nidi. Peccato che sia in via di estinzione e meriti quindi protezione. È indubbiamente molto simpatico, ma non sembra possedere un’invidiabile intelligenza.

Tarsius, il progenitore carnivoro

Tarsius, il progenitore carnivoro