Moonlight Contest: Valentina Lisitsa e Tiffany Poon

Di Marino Mariani

La sonata "Al Chiaro di Luna"

La sonata op. 27 n. 2, detta: “Al chiaro di Luna”

 

Foto infantile di Tiffany sorridente

Foto infantile di Tiffany sorridente

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Lunedì, 16 maggio 2011, pub-blicai sulla vecchia serie di Famiglia Moderna, l’articolo : Valentina Lisitsa: “Moonlight Sonata” (Al Chiaro di Luna). Il video era costituito dalla registrazione delle prove di questa sonata effettuate dalla Lisitsa ad Hannover, nella Beethovensaal, nel dicembre del 2009, su pianoforte Steinway & Sons, caricate su YouTube il 19 gennaio 2010 in due tronconi contenenti, rispettivamente, i primi due movimenti ed il terzo movimento, che io cucii in un’unica playlist. Il tempo passa ed ogni giorno YouTube offre qualche cosa di più: accingendomi a ripubblicare questa sonata in quell’esecuzione della Lisitsa, trovo una nuova edizione con la sonata completa, non più da ricucire in una playlist, caricata su YouTube in data 18 aprile 2013. Chi per la prima volta vuole ascoltare la Lisitsa in questa sonata ed in questa edizione, rimarrà stupefatto e deluso per il basso numero di visualizzazioni raccolto da questo video: solo 61.121. Ma nella vita precedente il troncone con i primi due movimenti aveva raccolto 1.287.272 visualizzazioni, e quello con il terzo movimento ben 5.843.588 visualizzazioni. Essendo nata nel 1973, al tempo della registrazione alla Beethovensaal la Lisitsa aveva 36 anni. Al contrario, Tiffany Poon era soltanto 13enne il 13 novembre 2010 (essendo nata nel 1997) quando suonò la Moonlilght Sonata nella Paul Hall della Juilliard School of Music di New York. Si trattava di un saggio degli allievi, non destinato all’utilizzazione commerciale, e quindi vanno considerati del tutto insignificanti quel paio di errori commessi da Tiffany. Ma nonostante il tono casalingo della manifestazione, il numero delle visualizzazioni del suo video manca ancora soltanto di poche unità la vetta del milione, senza contare le visualizzazioni effettuate dai lettori di Famiglia Moderna. Ma un significato ancora maggiore deve attribuirsi al fatto che i recital degli allievi, compiuti in quel periodo, servivano da elementi d giudizio in una clamorosa querelle scoppiata in quella data: tutto il mondo musicale fu colpito dalla notizia che la Juilliard School era in trattativa con Faziioli per l’acquisto, o il prestito, o il noleggio di un grande pianoforte da concerto di fabbricazione italiana. Il fattore sensazionale era costituito dal fatto che la Steinway & Sons è legata da ferrei contratti in esclusiva con la massima parte delle più rinomate scuole di musica di tutto il mondo, ed infatti il mio articolo, che trattava il caso con grande dovizia di particolari, s’intitolava : “Un Faziioli alla Juilliard School: suona Tiffany Poon”. Ovviamente distratto da altri avvenimenti, non ho seguito il caso fino alla sua conclusione, Vedrò di informarmene adesso. Il caso vuole che Valentina Lisitsa, di cui sono noti i legami con la casa Bösendorfer, al tempo di questo contest suonava su uno Steinway, e perciò i lettori sono chiamati a giudicare loro stessi le prestazioni di questi due rinomati strumenti.

Tecnica e Interpretazione
Il numero delle registrazioni della Sonata al Chiaro di Luna è praticamente infinito ed infiniti al quadrato sono i confronti possibili con tutti gli interpreti che hanno lasciato traccia di sé nella storia della discografia. A me questa cernita capillare non interessa, se non in casi eccezionali. A me quello che interessa è il fenomeno dell’irrefrenabile fiorire di bambine capaci, prima ancora di compiere i dieci anni, di eseguire in maniera stupefacente, brani che prima venivano eseguiti soltanto dai leggendari grandi maestri internazionali, eternati da riprese cinematografiche, dai rulli per pianoforti automatici, e da una pletora di rulli e dischi dal tempo di Edison fino all’introduzione del digitale. Quello che mi ha colpito sin dal primo istante è non solo e non tanto la tecnica di queste bambine, ma la sostanziale, istintiva e indiscutibile correttezza delle loro interpretazioni. Una prima spiegazione del fenomeno è dovuta a quel lettore che, nella colonna dei commenti che accompagnano tutti i video pubblicati da YouTube, ha spiegato che queste bambine sono la reincarnazione di Chopin, Beethoven, Brahms, Schumann, Schubert… Al tempo mio si battagliava senza pietà sulla correttezza delle interpretazioni. Oggi tutti sono d’accordo che quello che fanno queste bambine è giusto…punto e basta. Come se queste fossero titolari di diritto della cosiddetta “voce dell’innocenza”. E questa interpretazione mi sembra diretta sulla corretta via. Il fatto è che la quasi totalità delle composizioni musicali sono dichiarazioni d’amore che gli autori dirigono verso le donne. Togliamo l’Arte della Fuga, il Clavicembalo Ben Temperato e le Variazioni Goldberg. Togliamo anche tutti gli Oratori e le Messe Solenni, prevalentemente dedicate a principi, arciduchi e cardinali, ma tutto il resto della musica pianistica le donne san bene che è diretto a loro. Chopin e Beethoven sono interpretati correttamente se sono interpretati sentimentalmente, cosa che un interprete maschile non può fare, perché quella missiva che si trovano fra le mani non è diretta loro. È ben difficile che una donna possa suonare in modo sdolcinato, mentre l’uomo sentimentale è subito sdolcinato. Al tempo mio Chopin era un musicista minore, e Beethoven veniva ammirato principalmente per le sue sinfonie, non per le sue sonate. Oggi Chopin mi sembra che, in mano femminile, abbia conquistato la sua completa virilità. Ed altrettanto mi sembra di poter dire nei confronti di un Beethoven eminentemente melodico e passionale, piuttosto che sintattico e sapientone. Ma una volta imboccata la via dell’istintiva correttezza interpretativa, si sprofonda nel più oscuro dei misteri di fronte alla tecnica stupefacente delle bambine. Oggi come oggi giusto all’asilo d’infanzia fanno imparare brani come la Campanella o la Fantasie Impromptu. E fanno ridere quei celebri

Vaentina Lisitsa

Vaentina Lisitsa

Concorsi Internazionali che fanno disputare la finale su un concerto di Mozart che le bambine di 8 anni considerano troppo facile. Va però detto che l’attacco delle bambine al primo e al secondo concerto di Brahms non è ancora cominciato. D’altra parte anche i giovanotti si tengono lontano da quei colossi. Comunque, per quello che riguarda la stupefacente tecnica di queste bambine, non so che dire. La maggioranza di loro proviene dal mondo orientale ed estremo orientale, e per capire le nostre lingue deve affrontare impercorribili translitterazioni che dovrebbero segnare l’invalicabile barriera tra la loro e la nostra cultura. Persino Lafcadio Hearn, lo scrittore inglese dell’800, che ottenne la cittadinanza giapponese e fu ribattezzato Koizumi Yakumo, non riuscì ad essere annoverato nella letteratura giapponese perché non riuscì a scrivere qualche cosa di significativo in quella lingua: E capirei lo studioso che al termine di lunghi studi riesce a destreggiarsi nelle nostre arti. Ma quelle benedette bambine che a tre, quattro, cinque anni già sanno tutto, e con tutte le sfumature, da Scarlatti a Prokofiev. Evidentemente i loro sistemi educativi sono migliori…ma il mistero resta.

Come nacquero
Valentina Lisitsa, nata a Kiev, cominciò a suonare il pianoforte all’età di anni tre, sotto la guida della madre.. Già l’anno dopo si esibiva in pubblico, e tutti plaudivano al suo straordinario talento, ma il suo sogno era quello di diventare una giocatrice di scacchi professionista. Venne iscritta alla scuola musicale Lysenko, riservata ai bambini prodigio, ed in seguito frequentò il Conservatorio di Kiev, in cui conobbe suo marito. I due, nel 1991, vinsero il loro primo premio, il concorso Murray Danoff per due pianoforti, e nello stesso anno si trasferirono in USA, nella Carolina del Nord, da dove spiccò il volo la loro carriera concertistica. Questo è quanto si legge su internet. Per quanto riguarda Tiffany Poon, le sue origini sono alquanto misteriose. Ciò che io so è che in un giorno di dicembre dell’anno 2004, quando Tiffany aveva sette anni, il professor Gary McPherson tenne ad Hong Kong una conferenza sull’educazione musicale dei bambini. Il professore, che attualmente è anche direttore del Conservatorio Musicale dell’Università di Melbourne era uno specialista americano studioso del fenomeno dell’insorgenza del genio musicale infantile. Quando la conferenza terminò, ed il professore si avviava verso un ristorante, si accorse di essere seguito da un signore che altri non era che il padre di Tiffany Poon. Costui si presentò ed illustrò il suo caso: aveva una figlia dotatissima nello studio del pianoforte, che imparava tutti i pezzi a memoria, ma aveva una vera e propria idiosincrasia per i suoi insegnati, al punto di averne rifiutati, uno dopo l’altro, tutti e dieci. Questo incontro al ristorante fu davvero fortunato: il padre di Tiffany aveva trovato l’unica persona al mondo in grado di prendere in pugno l’avvenire della bambina, ed il professore americano aveva trovato l’argilla per plasmare la sua Nike di Samotracia. A dire la verità è Valentina Lisitsa ad avere l’aspetto e l’incedere di una Vittoria Alata, e con quella sua cascata di capelli d’oro, ed il volto aperto ad un sorriso allo stesso tempo consolante ed incitatore, è considerata la punta di diamante dell’attuale movimento del pianismo femminile. Tiffany Poon è colei che ha tutto ma è l’ultima a saperlo. Su internet un lettore ha scritto: “Quando avrà acquistato più sicurezza di se, sarà la perfezione”. È vero, io non ci avevo mai pensato, ma forse lei è timorosa di non poter dare tutto quello che vorrebbe. È difficile che rida, sorrida, che mostri di essere contenta. La gente può spellarsi le mani ad applaudirla, ma lei è sempre mesta. Eppure certi suoi guizzi interpretativi dimostrano che le sue risorse sono enormi. Ho faticato un bel po’ per trovare una sua fotografia sorridente. È una fotografia infantile, quando ancora non sentiva sulle sue spalle tutto il peso del mondo.

Il Contest
La sonata si apre con l’Adagio Sostenuto, ed il frontespizio reca il monito: “Si deve suonare questo pezzo delicatissimamente e senza sordini”, seguito immediatamente dalla nota espressiva: “sempre pp e senza sordini”. Avrò avuto undici o dodici anni quando da solo, senza nessun insegnante al mio fianco, intrapresi lo studio di quest’adagio, e rimasi schiacciato da questa iniziale contraddizione in termini: si doveva eseguire tutto il pezzo piano piano e delicatissimamente tenendo sempre il piede tenuto sul pedale del forte? In effetti, quello che chiamavamo il pedale del forte solleva i sordini (che attenuano il suono) e aumenta sia l’ampiezza, sia la durata del suono, che appare più forte e risonante. Il problema non ha soluzione, e qualcuno afferma che tali indicazioni si riferivano ai pianoforti dell’epoca, che venivano fabbricati in maniera diversa da quelli attuali. Se andiamo a controllare le esecuzioni dei vari pianisti, si vede che costoro sistematicamente ignorano la prescrizione di suonare “senza sordini”, e rendono il “delicatissimamente” ed il “sempre pianissimo” lavorando sui pedali secondo la loro maniera. Fa eccezione Andras Schiff il quale introduce una riforma del metronomo, applicando il tempo “adagio sostenuto” non all’intera battuta ma a metà di essa, in pratica raddoppiando la velocità di esecuzione. Ed applicando fedelmente e rigidamente la condizione “senza sordini”, tenendo premuto il pedale del forte

Frontespizio della sonata

Frontespizio della sonata

per tutta la durata del primo movimento. Se cercate su YouTube l’esecuzione dell’adagio sostenuto di Andras Schiff, in assenza dell’immagine in movimento si sente benissimo, ad orecchio, il ritmo accelerato e la risonanza dovuta al pedale del forte. Se fate questa ricerca, constaterete che molti lettori discutono e danno la loro interpretazione sulle indicazioni originali di Beethoven. Rimane il fatto che la cieca obbedienza a tali prescrizioni, esemplificata dall’esecuzione di Andras Schiff, deforma grandemente il modello esecutivo che si è consolidato nel tempo: quello di interpretare l’Adagio Sostenuto come una barcarola: Il battello che si culla, in una notte di plenilunio, sulle acque del lago dei quattro Cantoni, al cospetto della città rivierasca di Lucerna. Oppure, come suggerisce Berlioz, come un lamento. In effetti, entrambe le nostre contendenti sembrano aver optato più per il lamento che per la barcarola. Entrambe hanno tragicizzato il quadro, producendo echi lontani e dolenti. A me Tiffany è sembrata più intimistica e più sensibile nel controllo dei palpiti, Valentina a volte più ampia e grandiosa, a volte sovrabbondante nel volume. Il suo suono è più squillante, quello di Tiffany più vellutato, ma questo dipende più dalle caratteristiche dei due pianoforti che non dalle intenzioni delle esecutrici. Per il momento sento che una vince e l’altra perde, ma non so dire quale delle due. Meglio andare avanti. Nel successivo Allegretto in Re Bemolle le due diverse posizioni cominciano a delinearsi. Chi ha un minimo di dimestichezza con le sonate di Beethoven, sa che una delle loro caratteristiche è quella di far culminare un crescendo impetuoso con un inaspettato pianissimo, e ciò richiede un grande controllo. Chi ha dimestichezza con la fotografia degli anni passati, quella, per intenderci, su pellicola, conosce le difficoltà di inquadratura e di esposizione per far rientrare tutte le parti del fotogramma entro i limiti di latitudine di posa della pellicola utilizzata. Quando questo risultato non è raggiunto, le alte luci diventano bianco assoluto, e le ombre vanno a nero. Se, invece, la fotografia è stata esposta in modo corretto, le alte luci presentano particolari leggibili, ed anche le ombre non sprofondano nel profondo nero, ma mantengono qualche particolare da interpretare. Nel caso benigno, la foto presenta una vasta scala di grigi, e si suol dire che tutti gli elementi presenti nell’inquadratura si sono trattenuti all’interno della latitudine di posa. In un’opera teatrale c’è, per esempio, chi strilla troppo o chi farfuglia sommessamente e non si capisce quello che dice. E così, nell’esecuzione di una sonata, ci sono accordi troppo forti e arpeggi troppo deboli. I primi sono percepiti come percosse, ed il pubblico li giudica come pestati, i secondi sono giudicati per la quantità di suono che viene perduta. Tiffany Poon dà l’idea di poter produrre fortissimi di qualsiasi potenza senza mai “pestare” la tastiera, e di produrre pianissimi sempre perspicui, come il cantante lirico che sa “porgere” la voce nelle migliaia di metri cubi di un Teatro dell’Opera. La Lisitsa dà l’impressione di travalicare questi limiti di auto controllo. Ma se tutti gli elementi di giudizio emersi nei primi due movimenti, obbligandomi ad usare giri di parole, analogie e allusioni, erano indizi e non prove, il terzo tempo della sonata, il Presto Agitato, fa piazza pulita, spazza ogni dubbio e tentennamento, parla da sé e mette in sottordine ogni mio commento. Valentina inizia a velocità pazzesca, tutto spazza e tutto travolge. Nel mio vecchio articolo, trasecolato, in senso sommamente laudativo citai questi versi di Dante:

che mugghia come fa mar per tempesta 
se da contrari venti è combattuto.
La bufera infernal che mai non resta
….

Questa volta, invece, questi stessi versi mi servono per sottolineare la furia di Valentina. Più che su una barca che dondola al chiaro di Luna, sembra di stare in un grosso stabilimento siderurgico con un laminatoio impazzito ed una pressa da 500 tonnellate che mena botte da orbi ad ognuno che si avvicina. Nessun messaggio sentimentale viene raccolto e trasmesso, ma solo una esibizione di forza. È la tipica esecuzione maschile, di chi si vergogna di mostrarsi sentimentale ed esibisce un vano vigore fine a se stesso. Ma l’incredibile, l’inatteso, il vero miracolo si manifesta sin dalla prima nota di Tiffany, la quale sembra filare fluida e contenuta ad una velocità…doppia di Valentina! È come Jesse Owens sulla pista di carbonella dello stadio olimpico di Berlino: mentre gli avversari rimangono impastoiati sul terreno ruvido, lui vola senza sforzo apparente! Tiffany, senza sforzo apparente, mostra una immane forza di autocontrollo, e l’intero concitato concertato di questo movimento lo modula come un unico tremolo, esprimendo ogni palpito, fremito, impeto ed empito del messaggio amoroso con femminile commozione. Incredulo, ho controllato i tempi di percorrenza: Valentina copre il movimento in 6 minuti e 46 secondi (diciamo in 6:47’), e Tiffany non prevale di una frazione di secondo, bensì di un intero minuto e nove secondi (diciamo 5:37’)! Tutto ciò senza dare l’impressione di affrettarsi. Di nuovo incredulo, ho controllato l’esecuzione di Murray Perahia, uno dei maggiori pianisti della nostra epoca: stesso tempo di Valentina, stesso ritardo rispetto a Tiffany. Tiffany Poon ha una forza che gli scienziati ancora non sono in grado di valutare. Abbozza una parvenza di ringraziamento senza arrivare neanche ad un sorriso, e si ritira, come Cenerentola, “sempre mesta accanto al fuoco”.

Conclusioni
L’esecuzione di Valentina Lisitsa è, a dir poco, grandiosa, ma quella di Tiffany Poon è assolutamente straordinaria ed apre nuovi orizzonti. Quanto ai pianoforti, il Fazioli appartiene ad una classe superiore, attualmente senza rivali al mondo.