Chopin Competition: Aimi is back!

Di Marino Mariani

"Il bimbo Chopin" olio di Andrew Carrik Goow (1879)

“Il bimbo Chopin” olio di Andrew Carrik Goow (1879)

Nel 1960, mia moglie ed io abitavamo a Roma ed avevamo un gran numero di amici, specie stranieri provenienti dalla FAO e dalle ambasciate e consolati di tutto il mondo, che però, quel giorno, gioirono assieme a tutti gli italiani come se l’evento in questione fosse un bene per tutta l’umanità. L’evento in questione, annunciato sulle prime pagine di tutti i giornali ed amplificato dalla radio e dalla televisione, era la vittoria del Premio Chopin di Varsavia da parte di un giovane pianista milanese di diciotto anni: Maurizio Pollini. La manifestazione, più propriamente chiamata: “Concorso pianistico internazionale Frédéric Chopin” era forse la più antica sfida pianistica, essendo stata fondata nel 1927 con frequenza quinquennale, e siccome a quei tempi questi concorsi erano pochi al mondo, avevano una grande risonanza su tutti gli organi d’informazione di ogni Paese. Oggi c’è n’è una vera e propria inflazione, e quindi passano inosservati, ma a quel tempo tutta Roma fece ressa al Teatro Eliseo per ascoltare il concerto del giovane vincitore, e con noi c’era tutta la folla dei nostri amici internazionali. Comunque il Premio Chopin, il suo prestigio l’ha mantenuto integro, e, ad oltre mezzo secolo di distanza, Maurizio Pollini e Martha Argherich (che vinse l’edizione successiva) non solo sono ancora in attività, ma mantengono intatto il loro ruolo di preminenza nel panorama musicale internazionale. Ed a proposito della Argherich, la sua autorità trascende i limiti del pianismo femminile per assurgere al ruolo d’innovatrice e coraggioso baluardo dei diritti dell’Arte. Come potrete giudicare voi stessi da un episodio che, ai suoi tempi, mi era completamente sfuggito, e che ora trascrivo fedelmente traendolo da internet:

Mauriziio Pollini vincitore a dicioto anni

Mauriziio Pollini vincitore a dicioto anni

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La decima edizione del concorso, svoltasi nel 1980, ha visto accese discussioni tra i membri della giuria per le divergenze di opinione su un concorrente, il ventiduenne Ivo Pogorelić, e sul suo stile di interpretazione e di comportamento sul palco, apertamente provocatorio. La giuria si divise in due fazioni: una considerava il modo di suonare del pianista croato inaccettabile, l’altra, di cui facevano parte Martha Argerich, Nikita Magaloff e Paul Badura-Skoda, accettava le novità portate da Pogorelić. Quando il croato non riuscì ad arrivare alla fase finale della competizione, Martha Argerich abbandonò ostentatamente la giuria, dichiarando di essersi vergognata di aver preso parte al processo di valutazione. Pochi giorni prima anche Louis Kentner si era dimesso dal suo incarico di giurato a causa delle proteste della Argerich.

Dunque la Argerich sedeva accanto a Nikita Magaloff e al Dr Paul Badura- Skoda che ne condividevano il pensiero e la elessero loro portavoce. Prima di abbandonare queste reminiscenze del passato, ricordiamo anche un episodio relativo alla vittoria di Maurizio Pollini. In quell’occasione Arthur Rubinstein (!) disse: “Questo giovane suona meglio di tutti noi” e affermò che la sua maturità tecnica e interpretativa era “di gran lunga superiore a quella di tutti gli altri concorrenti”. Sono parole in un certo senso consolatorie, perché in quasi cent’anni di vita di questo concorso quella fu l’unica volta che un italiano salì sul podio come vincitore: in tutte le altre edizioni nessun altro italiano si accostò al traguardo del terzo posto. Ma veniamo alla 17ma edizione del Concorso, che è quella attuale, destinata a svolgersi nel periodo 2-23 ottobre 2015, ma che in realtà si è per metà già svolta nel cosiddetto turno preliminare, vale a dire: le eliminatorie che si sono svolte a Varsavia dal 13 al 24 aprile, che sono servite a ridurre a 80 i 160 concorrenti che si erano inizialmente iscritti. Fatemi dire subito che tra i candidati che hanno passato le eliminatorie e che sono stati ammessi alle finali del prossimo ottobre, figurano Tiffany Poon, la cinese di Hong Kong e Aimi Kobayashi giapponese della prefettura di Yamaguchi.

Storia di Tiffany Poon
La storia di questa fanciulla, ora sedicenne, è talmente straordinaria che meriterebbe di essere tradotta in un film, ed il film diverrebbe immediatamente un best seller mondiale. Stranamente, l’agenzia che cura il suo sito ufficiale, ha ritenuto opportuno tagliare ogni resoconto sull’adolescenza di Tiffany e sciorinare per intero l’elenco di tutte le tappe della sua carriera: concerti, premi, dischi…Il racconto che adesso farò io sembrerà, a tratti, arcaico ed anacronistico, a causa del fatto che devo ripescare e ricucire articoli che ho pubblicato anni fa, che allora costituivano le “ultime notizie”, mentre, nel frattempo, sono passati diversi anni. Comunque, l’evento straordinario di quella che era una bambina di sette anni sta nelle memorie di un carismatico personaggio della scena mondiale: nell’anno 2004 l’eminente professor Gary McPherson, uno specialista americano nello studio dello sviluppo musicale nei bambini, tenne una conferenza a Hong Kong. Al termine, recandosi in un ristorante, il professore si accorse di essere di essere seguito da un signore, che era poi il padre di Tiffany Poon, che gli espose il caso di sua figlia, dotatissima nel pianoforte, che suonava a memoria, ma con una strana idiosincrasia per i suoi insegnanti, al punto di averli rifiutati, uno dopo l’altro, tutti e dieci. Ciò premesso, risulta che l’allora settenne Tiffany Poon, a seguito del colloquio tra suo padre ed il professor Gary McPherson, fu inviata in America, a New York, a studiare musica presso la scuola di musica più celebre al mondo, la Juilliard School of Music, e che lo “specialista americano” di musicologia infantile è titolare di un’importantissima cattedra all’Università di Melbourne, Australia. Ebbene, fortunata bambina, le cui doti naturali hanno trovato un padre voglioso e capace di coltivarle in modo ottimale. La fanciullina ha già fatto più volte il giro del mondo presso tutte le maggiori istituzioni musicali, ed il 20 settembre ha vinto a Mosca l’ottavo Concorso Internazionale Frederik Chopin per giovani pianisti, eseguendo, nella finale, il concerto n. 1 del grande autore polacco. Più recentemente, il 22 febbraio 2013, YouTube ha pubblicato il video di un recital tenuto da Tiffany Poon nella sala Claude Champagne presso l’Università di Montreal (Canada)…Quando ho pubblicato per la prima volta la storia della bambina spedita dall’oggi al domani dalla Cina all’America, non ho riflettuto a lungo, non ho approfondito il caso e, automaticamente, ho dato per scontato che Tiffany dovesse aver viaggiato sola e da sola avesse dovuto risolvere tutti i problemi alla sua sistemazione in terra straniera. Non esistono resoconti su questa trasferta ed ognuno può immaginare quello che vuole. Appena ci ho pensato un po’, ho immaginato che Tiffany fosse accompagnata da una piccola corte, comprendente servitù, guardie del corpo, precettori, interpreti e tutto ciò che un padre ricco e premuroso possa prevedere affinché la figlia viaggi e si sistemi in maniera sicura e confortevole. Come una principessa, al centro delle cronache mondane. Ma Tiffany ha deciso di interpretare il ruolo di studentessa con monastica dedizione, con umiltà, modestia, reverenza e, soprattutto, grande diligenza. Sulla scena, il suo abito è compunto e non la fa sembrare

Tiffany Poon in piena forma supera il turno preliminare

Tiffany Poon in piena forma supera il turno preliminare

più ricca delle sue compagne. Adotta un modello unico realizzato ogni volta con altri colori: spalle e braccia nude, e poi giù. Sottolineato il punto vita, l’abito scende fino a lambire il pavimento senza scampanare. Indossa sandali spianati ed aperti che rivelano il piede nudo, come se la fanciulla ancora dovesse indossare il suo primo paio di calze di nylon. E come se dalla nuda terra attingesse nuova energia. Il suo volto è dolce, disteso, calmo e impassibile, ma quando suona le sue braccia ed il corpo vibrano con estremo vigore. Si vede chiaramente che di giorno in giorno aumenta la sua forza e la sua potenza espressiva. E di giorno in giorno, sin dal primo giorno, moltiplica il suo repertorio, che ben presto ha raggiunto le dimensioni dell’intera discografia che un concertista di grido accumula in trent’anni di carriera. È innegabile che il suo punto d’arrivo tutti lo giudichino molto in alto, ad un livello impensabile ai primi anni della sua carriera, ma tutti confidano che Tiffany Poon lo raggiungerà.

Aimi is back! (il ritorno di Aimi)
Non appena giunta la notizia della presenza di Aimi Kobayashi alle eliminatorie della Chopin Competition di Varsavia, un sospiro di sollievo si è levato dalla folla di milioni di suoi seguaci che, nel corso dell’anno 2013, l’hanno vista sparire dalla circolazione ed arroccarsi dietro le impenetrabili mura del Curtis Institute of Music, vale a dire del Conservatorio di Filadelfia. Parlare di “impenetrabili mura” è un modo di dire tutt’altro che esagerato: secondo le statistiche compilate da U.S. News & World Report (leggiamo su internet) il Curtis è l’istituzione universitaria degli Stati Uniti più severa nell’accettare le domande d’iscrizione degli allievi. L’Istituto venne fondato nel 1924 da Mary Louise Curtis Bok, che lo intitolò a suo padre, Cyrus Curtis, e dopo essersi consultata con i musicisti suoi amici, acquistò tre palazzetti presso la piazza Ritterhouse Square e li riunì in un unico edificio, eseguendo le opportune ristrutturazioni. Vi stabilì una facoltà universitaria dedicata a tutte le arti dello spettacolo e la dotò di un fondo di 12 milioni di dollari. Come abbiamo già accennato, l’ammissione alla scuola è estremamente difficoltosa, il tasso di accettazione è mediamente la metà degli istituti americani equivalenti come la Juilliard School, mentre il numero degli allievi è di 150-170. La lista degli allievi contiene il nome di numerose celebrità, come Leonard Bernstein Anna Moffo, Giancarlo Menotti (prima come allievo e poi come insegnante), ma se facciamo un salto ai tempi più recenti, il nome che spicca è quello di Yuja Wang, la furoreggiante pianista cinese di Pechino che tutti attira non solo per la sua tecnica trascendentale, ma anche per la spigliata avvenenza che ama esibire. Anche il popolarissimo Lang Lang è stato un alunno del Curtis Institute. E, forse vi sorprenderà, ma alunno di questa selettiva scuola di musica, fu anche il maestro Nino Rota, sì, proprio lui, l’autore di celebri colonne sonore (Il Padrino, Giulietta e Romeo, Amarcord…), che condivide con Ennio Morricone, altro autore di celebri colonne sonore, il titolo di maggior musicista italiano dei nostri tempi. Ebbene, Aimi Kobayashi, che all’età di tre anni veniva salutata dal mondo musicale come un miracoloso dono del cielo, adesso, ventenne, si è presentata ai turni preliminari della 17ma edizione della Chopin Competition di Varsavia come allieva “principiante” del Curtis Institute. Uso questi termini perché, quando Yuja Wang, nel 2003, esordì alla Tonhalle di Zurigo (mia moglie assisté alle prove), aveva trascorso a Filadelfia tutti e cinque gli anni di durata del corso, mentre Aimi è solo al secondo anno! Ma facciamo un salto indietro e riprendiamo la carriera del nostro idolo giapponese dal suo esordio.

L'Aimi che conosciamo: abito spumeggiante e visino disneyano

L’Aimi che conosciamo: abito spumeggiante e visino disneyano

L’esordio di Aimi Kobayashi
Le cronache riportano che la bambina iniziò lo studio del pianoforte all’età di anni tre. Su internet è sempre visibile il video di quella che, secondo la didascalia, è stata la sua prima esibizione in pubblico, giusto a tre anni. La bambina si è avviata con passo incerto verso lo Steinway da concerto, si è issata da sola sul seggiolino che, mediante un dispositivo a pantografo, era regolabile in altezza. I piedini della bambina poggiavano su quella che io chiamo la scatola dei congegni, che consente di agire sui pedali del pianoforte senza che si arrivi a toccarli materialmente, ma la bambina poggiò semplicemente i suoi piedini sulla scatola senza manovrare i pedali. I due pezzi che eseguì non erano di difficoltà trascendentale, ma se era facile la loro esecuzione, non altrettanto facile ne era l’interpretazione. Il suono prodotto da Aimi era saldo e senza incertezze, ma la bambina curò moltissimo anche l’espressione, producendosi in una ampia gamma dinamica, micrometricamente discendendo dai fortissimi al sussurro, al bisbiglio dei pianissimi ppp. Il primo brano era una fiabetta giapponese dalla melodia sghemba, il secondo l’inaspettata sventagliata di mitra di un breve studio di Bela Bartok. La bimba è perfetta esecutrice dell’inchino in entrata e all’uscita. L’anno successivo lo scenario è identico, la bimba esegue magistralmente una sonatina di Clementi, con un vero e proprio accenno di virtuosismo e con un “legato” all’Arturo Bendetti Michelangeli, che non staccava il dito dal tasto se non dopo il segnale d’arrivo della nota successiva. Qui, al termine dell’applaudita esecuzione, la telecamera ancora indugia sulla bambina che, dopo l’inchino di commiato, si avvia verso l’uscita con passo incerto come un piccolo robot realizzato dagli studenti di una università tecnica. Prima di uscire, viene intercettata da un gruppo di piccoli ammiratori che la circondano e la seppelliscono sotto una montagna di mazzi di fiori e pacchetti elegantemente confezionati, che lei abbranca come può con le sue braccine, rimanendo assolutamente impassibile. Nei successivi 15 anni ci siamo abituati a vedere una Aimi che ha imparato a sorridere, ad entrare in scena con abiti spumeggianti e ad assumere le sembianze di un grazioso animaletto disneyano. Ma evidentemente, per chi sta dietro alle segrete cose, i conti non tornano: viene deliberato lo stop alle esibizioni e la cura ricostituente presso il Curtis Institute.

Il dramma di Aimi
Come abbiamo visto, una parte cospicua della Chopin Competition che si svolgerà in ottobre a Varsavia, è già avvenuta in aprile col turno preliminare in cui i 160 candidati sono stati ridotti a 80, cui si aggiungeranno i vincitori di alcuni altri concorsi, che avranno il diritto di accedere alle finali senza passare per le eliminatorie. Su internet l’intero turno preliminare è stato registrato e pubblicato minuto per minuto. Si tratta di un patrimonio musicale della durata di molte decine di ore, e così ho potuto vedere la rinnovata Aimi Kobayashi, e quello che ho visto mi ha creato un vero disappunto: la bambina Aimi, il grazioso pupazzetto disneyano, sempre sorridente, avvolto nei pomposi abiti spumeggianti, applaudito e vezzeggiato da tutti, si è presentato a Varsavia come la donna delle pulizie: neanche un sorriso timidamente accennato, neanche uno sguardo amichevole rivolto al pubblico, solo la fretta di raggiungere la tastiera, eseguire il proprio programma e andarsene accompagnata, a volere contarli tutti, da sei secondi di anemici applausini. Il dramma non sarebbe a fosche tinte se non paragonassimo l’indifferenza del pubblico riservata ad Aimi con l’accoglienza che ha salutato l’ingresso di Tiffany Poon: una calda ovazione per la principessa di sangue reale della casa regnante di un paese amico. E poi, in uscita, un interminabile applauso con due chiamate alla ribalta. In una prova pubblica d’esame, sotto l’incalzare di una rigorosa tabella di marcia, il protocollo non consente di più. E comunque, tutti i candidati hanno ricevuto cortese accoglienza ed applausi d’incoraggiamento. E questo è quanto riguarda il comportamento del pubblico in sala. Ben diverso è stato il responso del pubblico, assai più numeroso, di quanti hanno seguito in tutto il mondo l’evento in televisione o via internet. Gli ammiratori di Tiffany Poon si sono espressi mediante 23.000 visualizzazioni accompagnate da entusiastici elogi ultra meritati: la ragazza ha suonato meglio che mai, con infinito vigore e con infinita finezza, ma nessuno ha pronosticato la sua vittoria. Gli ammiratori di Aimi, invece, si sono espressi con 46.000 visualizzazioni, tutte accompagnate dalla certezza della sua vittoria. Da tutte le previsioni espresse, la classifica finale più probabile sarebbe la seguente: 1°: Aimi Kobayashi, 2°: George Li, 3°: Tiffany Poon. Nella sua prova preliminare Aimi ha suonato come dovrà suonare chi riuscirà vincitore di questa competizione, ha tutte le carte in regola per far suo il titolo. Ma, da parte mia, c’è poco da giubilare per questi felici auspici. Questa volta Aimi non si presenta al concerto avvolta in quei suoi vestiti vaporosi e spumeggianti che la fanno levitare a mezz’altezza nell’aere, bensì in una vera e propria uniforme da battaglia: corpetto nero e gonna grigioverde. Interpretando questa scelta secondo il significato psicologico dei colori stabilito da Max Lüscher nel suo “Color Test” clinico, il nero sta a significare un bisogno disperato, coercitivo, monomaniacale. Di che cosa? Il colore grigioverde parla chiaro e dice: autoaffermazione. Attualmente Aimi dubita di se stessa e le urge una calorosa conferma da parte del pubblico e della giuria. Speriamo che le finali di ottobre le ridiano serenità e fiducia.
PS: dopo aver scritto l’articolo, mi sono concentrato nell’ascolto critico delle registrazioni delle due ragazze. Tiffany, per lunghi tratti, ha suonato stupendamente, ma  non sempre riesce a controllare tutta la sua irruenza ed allora appare manesca, prepotente e scomposta. La sua esecuzione è alquanto ineguale, mentre Aimi riesce a dominare maestosamente la sua tensione interna ed ogni suo atto di moto risulta assolutamente controllato in trazione e in rilascio. I lunghi fraseggi li risolve in un unico palpito. La sua esecuzione non appare suscettibile di ulteriore perfezionamento, Vedremo ad ottobre chi tra gli 80 candidati riuscirà a frapporsi tra lei e la vittoria, seppure…