Rubinstein Prize: Fazioli’s Parade

Di Marino Mariani

Fazioli trionfa al Rubinstein Prize 2014

Fazioli trionfa al Rubinstein Prize 2014

Patricia Kopatchinskaja, violinista scalza

Patricia Kopatchinskaja, violinista scalza

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

.

Ormai la notizia ha fatto il giro del mondo e tutti sanno che, nell’edizione 2014 della Rubistein Piano Competition di Tel Aviv, il pianoforte Fazioli si è piazzato ai primi cinque posti dei sei di finale. Normalmente, nella totalità dei concorsi internazionali, tutti i posti dal primo all’ultimo, vengono occupati dalla Steinway & Sons, ed altrettanto normalmente, in un concerto di grande risonanza, se non viene menzionata la marca del pianoforte utilizzato dal solista, questa marca è Steinway.  Ma questa volta la classifica non ha rispecchiato uno schieramento di natura geopolitica: I sei finalisti erano per cinque sesti targati Steinway, solo Maria Mazo correva su Fazioli. Nel febbrile tempo d’attesa, però, i concorrenti della finalissima, avendo ascoltato le esibizioni di Finale B (concerto classico) compresa la propria, giudicarono che il suono migliore fosse quello offerto dal Fazioli di Maria Mazo nell’esecuzione del concerto di Mozart, ed essendo loro offerta la possibilità di scegliere lo strumento su cui affrontare l’ultima prova, hanno scelto in massa il Fazioli, tutti tranne l’ultimo classificato Andrejs Osokins, che si è tenuto lo Steinway di partenza. Questa classifica non è ufficiale ma ufficiosa, perché la giuria determina l’ordine d’arrivo dei primi tre premiati, e poi assegna altri premi supplementari dotati di vari importi in denaro, con relative motivazioni. In base alle considerazioni di questi premi supplementari, è stato facile stilare la classifica fino al sesto posto. Come cambia il mondo, d’ora in poi? Paolo Fazioli dichiara che per costruire un pianoforte loro impiegano trenta mesi, e quindi, anche se intervenissero i cinesi, difficilmente si potrebbe immaginare un mondo di pianisti che pestano sul loro Fazioli.  A meno che non si voglia ripetere una trista esperienza del passato, che minacciò di cancellare dalla faccia della terra il nome della marca di orologi svizzeri Omega. A quel tempo la direzione cadde nelle mani di personaggi che si credettero più furbi del diavolo, e concepirono questo piano per incrementare le vendite: abbassare i prezzi. Per abbassare i prezzi, abbassare i costi di produzione. Per abbassare i costi di produzione, eliminare l’oro massiccio e mettere in circolazione casse semplicemente placcate e nulla più. E così i nuovi clienti non tardarono ad accorgersi che, invece di una Mercedes, avevano comprato, o stavano per comprare, una Trabant, cioè un’utilitaria di fabbricazione economica. Le vendite, invece di aumentare, crollarono e Omega fu portata sull’orlo del fallimento, finché non giunse l’ordine di invertire la direzione di marcia, ma ce ne vollero di anni. D’altra parte, tra i violinisti di prima classe assoluta mondiale, ben pochi si potrebbero permettere un Amati, un Guarneri o uno Stradivari, non fosse per le banche e per i mecenati che sono ben lieti di metterli a loro disposizione. Una curiosa vicenda è quella di Patricia Kopatchinskaja che, il 29 aprile 2010 fu fermata, messa in gattabuia, e multata di non so quanti milioni di franchi svizzeri per aver traversato la dogana con un Guarneri del Gesù, affidatogli dalla Banca Nazionale d’Austria, e non dichiarato. Ci volle l’intervento di un Consigliere Federale e di tante altre autorità politiche per chiarire la faccenda. Il violino fu restituito alla Banca, ma la Kopatchinskaja, di quei violini, non volle più saperne e si tiene ben stretto il suo Giovanni Francesco Pressenda, Torino 1847, che da quel giorno ha moltiplicato il suo valore di mercato. D’altr’onde gli esperti conoscono bene il valore del Pressenda, il violino torinese che ha il suono grande e caldo di una viola, e che è sottoquotato rispetto ai violini cremonesi principalmente per questioni di notorietà. I liutai cremonesi potevano contare su un “testimonial”

"Moonlight" di Tiffany Poon si avvia verso 2milioni  di visualizzazioni

“Moonlight” di Tiffany Poon si avvia verso 2milioni di visualizzazioni

d’eccezione: Nicolò Paganini, il quale morì nel 1840, quando il Pressenda della Kopatchinskaja ancora non era stato fabbricato. In definitiva, che la notorietà di un prodotto ne determini la quotazione di mercato, è cosa risaputa ed accettata, ma a quanta parte della popolazione mondiale può interessare la quotazione di un violino d’autore? Non diamo una risposta affrettata, pensiamoci sopra. Il numero di violinisti, o di mecenati interessati all’acquisto di tale strumento musicale, è infinitamente piccolo. Ma il numero di ascoltatori di musica è infinitamente grande, se pensiamo alle radioline, ai televisori ed ai computer in funzione 24 ore al giorno, tutti i giorni, in ogni parte del mondo. Ed allora proviamo a rispondere al quesito posto all’inizio: a seguito della travolgente vittoria di Fazioli alla Rubinstein Competition 2014, come cambierà il mondo? Entrerà un Fazioli in ogni casa? No davvero, anzi sì. Non come costoso oggetto d’arredamento, ma come strumento sul quale tutti vorremmo ascoltare le 32 sonate di Beethoven, tutti i notturni di Chopin, le 555 sonate di Domenico Scarlatti…E quindi, quelle che un tempo si chiamavano Case Discografiche, per vendere ciò che ancora chiamiamo “dischi”, dovranno pur adeguarsi alle leggi della notorietà!

La battaglia delle visualizzazioni
Il 28 marzo  del 2011 come una folgore arrivò la notizia che Fazioli era in trattativa con la Juilliard  School per l’acquisto di un pianoforte Fazioli. In quei giorni si svolgeva a Vancouver un’importante mostra internazionale di pianoforti, ed il giornale locale “The Globe and Mail” pubblicava un articolo avente questo titolo: “Juilliard breaks with all-Steinway tradition, purchase a Fazioli” (Juilliard rompe con la tradizione solo-Steinway, compra un Fazioli) Il 20 giugno 2011 pubblicai su Famiglia Moderna di allora l’articolo intitolato: “Un Fazioli alla Juilliard School: suona Tiffany Poon”, in cui, innanzitutto, riprendevo l’articolo di quel giornale. Eccolo:

La Scuola Juilliard, da lungo tempo un’istituzione esclusivamente Steinway, sta infrangendo la tradizione acquistando un piano non Steinway. Paolo Fazioli, il fabbricante italiano di pianoforti, sarà a New York alla fine di questa settimana per completare la trattativa con Juilliard, dopo che la scuola d’arti interpretative ha deciso di acquistare uno dei suoi costosi, fatti a mano – ed agognati – pianoforti. “Sono molto felice”, ha fatto sapere Fazioli da casa sua a Sacile a nord di Venezia, lunedì sera – annunciando di voler rimanere cauto fino alla conclusione dell’accordo. “Sono commosso, ovviamente. È una situazione veramente speciale”. Il pianoforte Fazioli, che costa una somma a sei cifre, si trovava in prestito presso la prestigiosa istituzione nuovayorkese, sin dallo scorso ottobre, a titolo di prova. I pianoforti Fazioli sono i più costosi presenti sul mercato, e vanno da ca. CAD 80.000 (dollari canadesi, pari a circa 57.000 €) per un modello a mezza coda, fino a CAD 225.000 (circa 160.000 €) per un gran coda da concerto standard. Modelli speciali con fiati e campane arrivano fino a CAD 500.000 (circa 355.000 €). I commenti sono stati favorevoli, ma la politica di vendita dei pianoforti è feroce e, secondo certe fonti, c’è stata una forte pressione sulla Juilliard perché rimanesse una scuola solo-Steinway, come avviene dal 1924. “C’è di mezzo la politica”, aveva detto Fazioli al Globe un paio di mesi fa, durante il periodo di prova. “In una situazione come questa…non si può prevedere nulla”. La scuola si era rivolta al rappresentante di Fazioli sin dall’anno scorso, con la proposta della prova. Sulle prime Fazioli disse di sentirsi a disagio all’idea, ma alla fine fu d’accordo “Perché Juilliard è Juilliard”.

Maria Mazo porta Fazioli alla vittoria

Maria Mazo porta Fazioli alla vittoria

A febbraio Juilliard ha utilizzato il Fazioli per l’audizione degli studenti, dopodiché un funzionario della scuola dichiarò che volevano procedere all’acquisto. Anche diversi studenti della Juilliard l’hanno provato. “È un grande strumento dal suono bellissimo”, ha dichiarato il 21enne Devon Joiner, un pianista di Vancouver al primo anno di perfezionamento in esecuzione pianistica alla Juilliard. “Il meccanismo è agile e facile da controllare, mentre il suono è molto dolce e si espande bene. Con questo strumento è difficile produrre un suono duro e sgradevole. Decisamente, è un piacere suonarlo”. Da gennaio Juilliard aveva anche uno Yamaha CFX in prova – fatto senza precedenti. Juilliard non ha voluto commentare questa storia, e lunedì ancora affermava che il Fazioli della scuola era “in affitto”. Per Fazioli l’affare in corso con la Juilliard rapresenta un fiore all’occhiello. Comunque, Steinway & Sons di New York rimane saldamente padrone del mercato, vantando a suo credito 125 scuole solo-Steinway. Steinway produce in tutto il mondo ca. 2.500 pianoforti l’anno (di cui ca. 2.000 da concerto), mentre la produzione annua di Fazioli è di ca. 110 pianoforti, tutti da concerto. Con l’acquisto del Fazioli – ed anche se acquistasse per giunta lo Yamaha – Juilliard rimarrebbe una scuola solo-Steinway, perché, per definizione, il 90% degli strumenti posseduti dall’istituto devono essere di designazione Steinway. Juilliard possiede ca. 260 Steinway. Sally Coveleskie, della Steinway, raggiunta lunedì al congresso della Music Teachers National Association a Milwaukee, ha dichiarato di ignorare la decisione di Juilliard di acquistare un Fazioli. “Sarebbe sorprendente”, ha detto.

In quel periodo, durante il quale un Fazioli era di stanza presso la Juilliard School di New York a titolo di prova, apparvero su internet cinque esecuzioni di Tiffany Poon effettuate, appunto, sul Fazioli in prova, durante un saggio interno nell’Aula Magna della scuola. Noi riprendemmo quelle esecuzioni, e riprendemmo altre cinque esecuzioni, effettuate nella stesa sala, dalla stessa pianista, ma su pianoforte Steinway. Facemmo due Playlist, ciascuna di cinque brani, di volta in volta alternando un brano eseguito su Fazioli ad un brano eseguito su Steinway. Credo che al mondo non sia mai stato eseguito un test pianistico di tale portata e di tale rigore scientifico, reso possibile dalle moderne tecniche digitali, che consentono copie e riversamenti musicali senza la perdita di un solo bit. Ascoltando direttamente dal disco rigido del computer, con l’ausilio di una cuffia high fidelity, chiunque può, oggi stesso, riascoltare e giudicare quel test, cosa che raccomandiamo a tutti i lettori,

AEG K1, il primo registratore a nastro del mondo (secondo Zieri)

AEG K1, il primo registratore a nastro del mondo (secondo Zieri)

ma specialmente agli operatori del settore, spesso specializzati nel “vaniloquio del recensore”. Ebbene, essendo brani appena appena apparsi sul Web, non facemmo allora nessun rilievo statistico sul numero delle visualizzazioni. Ma anni dopo, il 27 dicembre 2013, pubblicai l’articolo “Moonlight Contest: Valentina Lisitsa e Tiffany Poon”, in cui posi a confronto l’esecuzione della sonata “Al Chiaro di Luna” di Beethoven della 13enne bambina cinese Tiffany Poon, presa dalla nostra (ormai) famosa Playlist, con l’esecuzione della medesima sonata da parte di Valentina Lisitsa, (allora) 36enne “prima donna assoluta” del pianismo femminile, titolo ereditato da Martha Argerich. Esprimemmo la nostra preferenza per Tiffany Poon in virtù del miglior suono del Fazioli, nonostante i diversi errori di quell’esibizione in famiglia. Quel giorno andammo a controllare le visualizzazioni sul web di Tiffany Poon, che risultarono prossime al traguardo del milione. Adesso, se per un istante interrompo quest’articolo e vado a controllare le odierne visualizzazioni di questa sonata di Tiffany Poon, leggo una cifra superiore a 1.600.000 voti, ben più di mezzo milione di voti guadagnati nella prima metà di quest’anno rispetto all’ultima rilevazione, ed inoltre, in questo periodo, le visualizzazioni vanno avanti al ritmo di 2 o 3mila al giorno, talché, entro qualche mese, raggiungeranno i 2 milioni. Questo cifra di visualizzazioni rappresenta il picco massimo raccolto sul web da Fazioli inteso come fabbricante di pianoforti, in un’esecuzione che non è stata né promossa, né sponsorizzata e probabilmente del tutto ignorata dalla Casa di Sacile, la quale sembra puntare tutto su Daniil Trifonov, vincitore della precedente edizione della Rubinstein Competition che, a bordo di un pianoforte Fazioli, ha raggiunto quasi 200.000 visualizzazioni con la sonata n.3 di Chopin, nel corso dell’omonimo Gran Premio internazionale (esattamente 192.470, nel Round III nell’edizione del 2010), in cui si classificò terzo. Indubbiamente Trifonov appartiene al gruppo dei migliori giovani pianisti della nostra epoca. Ha solo 23 anni (nato nel 1991), e tra qualche anno le sue visualizzazioni raggiungeranno picchi da capogiro. Ciò non toglie che Tiffany Poon sia anche più giovane. Ha solo 17 anni (nata nel 1997), le cifre da capogiro le ha già raggiunte con un’esecuzione effettuata quando aveva 13 anni, le visualizzazioni da lei raccolte superano ampiamente la somma di tutte le visualizzazioni raccolte dal nome Fazioli. L’ingegner Paolo è al corrente di queste cifre?

Prosegue la parata
Ma torniamo al Rubinstein di quest’anno: sul Web ora ci sono le registrazioni complete di “tutti” i concorrenti, e così anche quelli eliminati alla prima prova possono essere rivisti e giudicati dal pubblico di tutto il mondo. Ma io, per chiudere la rassegna Fazioli, voglio riprendere lo Stage I di Maria Mazo per commentare la sua Ballata n.1 di Chopin e la sua Appassionata, nonché lo Stage I di Rachel Naomi Kudo per il suo Carnaval op. 9 di Schumann.  La Ballata n.1, in sol maggiore, op.23 è, per me, un pezzo sacro, in quanto era il cavallo di battaglia di mia madre. Fosse vero quel che si dice, che i bambini, nella pancia della madre si rendono perfettamente conto di quanto avviene nel mondo esterno, potrei dire che conosco quel brano da ancor prima di nascere, perché nonna Adele mi disse che,

Naomi Rachel Kudo

Naomi Rachel Kudo

quand’era in attesa di me, Anita, mia madre, sua figlia maggiore, studiava il pianoforte sei ore al giorno. E poi l’ho sentita e risentita un numero infinito di volte, più che altro la vedevo, tesa, a prendere lo slancio con i fortissimi in arrivo, distesa e sorridente nei cantabili, e di nuovo tesa, pronta a balzare sulla tastiera e sul seggiolino nella serie di ottave finali che, a casa nostra, chiamavamo “la risata”. Maria Mazo è una moderna pianista dalle antiquate fattezze di signorina perbene. Quando suona, in un momento in cui il suo volto è disteso, vista di fronte, la sua somiglianza con mia madre è impressionante: stesso ovale, stesso attacco della capigliatura sulla fronte, stesso colore e ricaduta sulle spalle, stesse sopracciglia, stessa ineffabile dolcezza interiore. In piedi, sovrasta di almeno 20 cm la statura di mia madre. Poteva essere una domatrice stella del Circo Barnum, o una fiorettista delle Olimpiadi di Berlino 1936. Vista di profilo, per il suo accentuato prognatismo, sembra essere della stessa famiglia di Eleanor Roosevelt, la più alta First Lady americana (1,82), la più colta e rispettata, moglie di Franklin Delano Roosevelt, il presidente del New Deal. La sua interpretazione della Ballata n.1, in un certo senso può definirsi “perfetta”, per quel teorema d’infallibilità della donna che realizza se stessa, la propria donnitudine, nell’accettazione senza condizioni del romantico tributo del suo cavaliere. Se Beethoven terrorizzava le marchesine dall’alto della sua sintassi musicale, Chopin, invece, era ben radicato nel baluardo femminile dispensando a piene mani il suo sentimentalismo, l’indugio sensuale e l’abbandono. Tutto quello che donna vuole. Maria Mazo dà soddisfazione perché mostra di gradire l’omaggio del donatore, e lo ricambia, e lo esalta con un’esecuzione in cui dimostra senza rossore che tutte le frecce sono arrivate a bersaglio, provocando gioie e dolori, piacere, emozione e singulti. Ho passato ore ed ore avanti al computer, alla ricerca di grandi interpretazioni del passato, ma, data l’inferiorità dei mezzi tecnici, nessuna m’è parsa preferibile a quella di Maria Mazo. Rimaneva un’unica speranza, verificare se esisteva un’esecuzione da parte di Mieczislaw Horszowsky. E il Miecio c’è!!! La sua interpretazione è del 1940, quand’è, si può dire, ancora un giovanetto di 48 anni nel pieno del suo vigore, neanche alla metà della sua centennale carriera. Dalle prime battute, dalle prime pause profonde e quasi minacciose, si sente la sua determinazione. E quando lascia prorompere la sua passione, abbatte ogni barriera. È un fuoco d’artificio, ma che dico: è l’intera fabbrica che salta in aria! Non trovo termini di paragone: è più violento del bombardamento di Dresda del febbraio 1945, quando migliaia di Lancaster e di Boeing lasciarono cadere sulla citta migliaia di tonnellate di bombe incendiarie e dirompenti, e travi, infissi e cornicioni furono risucchiati nel turbine di fuoco fino ad 8.000 metri di quota! Non ho mai sentito fortissimi ffff più forti dei suoi, accordi a dieci dita da spaccare il cuore, volate turbinanti da sembrare un glissato continuo: lui, la miniatura umana con le manine di bimbo. Lui, che sembra addirittura il maestro di Chopin! Ma ragioniamo con ordine. Abbiamo detto che l’esecuzione è del 1940, dunque il Miecio era ancora a Roma, accanto al suo amato Pastor Angelicus Eugenio Pacelli, papa Pio XII. Dunque la Ballata fa parte di quel gruppo di sonate, per lo più composizioni sacre di Liszt, registrate da Horszowsky presso la Radio Vaticana, utilizzando in anteprima mondiale il Tonbandgerät AEG con bobine di nastro magnetica BASF, il primo registratore a nastro inventato e tenuto segreto dall’esercito tedesco. Ma quel benedetto papa Pacelli, quand’era Nunzio Apostolico a Berlino, che amicizie aveva fatto per guadagnarsi quel dono che le truppe alleate scoprirono, a fine guerra in qualche Kommandantur della Wehrmacht? Dunque, le prime registrazioni musicali su nastro, al di fuori dell’ambito militare tedesco, furono fatte a Roma, negli studi della Città del Vaticano, nell’anno 1940? E pensare che, verso la fine degli anni ’50, forte di

Franz Liszt

Franz Liszt

certe mie amicizie, ebbi l’onore di una visita privata in Vaticano, con accesso riservato alla Cappella Sistina, conobbi Padre Maffeo degli studi radiofonici, con cui di tutto parlammo tranne di quella cosa! Quindi rinnovo il mio invito a tutti i pianisti attuali, con tutta la loro supertecnica e con tutti i nuovi dispositivi digitali a loro disposizione, di dare la caccia a tutte le registrazioni di Horszowsky: sarà come parlare direttamente con Beethoven, Chopin, Schumann, Schubert…e tutti i massimi autori, classici e romantici, del passato. Quanto all’esecuzione di Maria Mazo della sonata Appassionata di Beethoven, ne parlerò volentieri quando pubblicherò un Pas de Quatre con lei, Valentina Lisitsa, Tiffany Poon e Aimi Kobayashi. Tutte donne.

Schumann e Naomi Kudo
Sin dal primo apparire su internet dei video relativi alla Rubinstein Competition 2014, avevo deciso di pubblicare lo Stage I di Naomi Kudo, non solo perché avevo l’intenzione di pubblicare tutte le prove d’esame sostenute dai concorrenti Fazioli, ma  perché ero particolarmente interessato alla sua esecuzione del Carnaval Op. 9, di Schumann. Sì, è vero che m’interessava massimamente l’esecuzione del Carnaval, ma questa pianista giapponese, diventata americana, mi aveva subito colpito per una singolare caratteristica: il suo viso sereno e disteso era illuminato da un ineffabile sorriso, che manteneva immutato nel calmo e nel concitato, nel fortissimo e nel pianissimo. Un sorriso benevolo, appena accennato come vuole l’educazione della donna giapponese. In breve, il sorriso della Gioconda. E non appena cominciai a discernere la Gioconda di Leonardo al pianoforte, fui colpito da una mirifica visione: la Gioconda al piano-bar! Sin dalla prima volta che misi piede in Giappone, fui colpito dal fatto che in ogni locale pubblico, dalla sala dei banchetti del ristorante più di lusso alla botteguccia di sushi e tempura da prendere al volo, nelle grandi librerie internazionali Maruzen e Kinokuniya, nei grandi magazzini Takashimaya, Daimaru, Mitsukoschi, nelle stazioni della metropolitana, in ogni sala d’attesa, da invisibili altoparlanti veniva diffusa una musica classica di Mozart, Chopin, Beethoven, Scarlatti, Verdi, Rossini, Bellini, Vivaldi…La piccola dimostratrice di pianoforti automatici di Isetan a Shinjuku eseguiva di preferenza Scarlatti e Chopin. In un gigantesco festino cui partecipai ad Osaka, con statue di ghiaccio alte otto metri, rappresentanti una Pagoda a cinque piani ed un cigno gigantesco, con uno stuolo di geishe elegantissime, per fortuna non ingaggiate per esibirsi col loro coto a sei (o otto) corde, una signorina suonava in sottofondo, su un pianoforte gran coda da concerto, motivi gradevoli e risaputi come la Campanella, Per Elisa, l’Adagio della sonata Al Chiaro di Luna, che non distraevano i convitati dalle loro conversazioni. Ad un certo punto, però, prima l’uno e poi l’altro, portandoci appresso i nostri calici, cominciammo ad avvicinarci al pianoforte, finché non fummo molti, e formammo un cerchio attorno alla graziosa esecutrice, che rispondeva alla nostra attenzione con un sorriso appena accennato: ecco, questa era proprio la Gioconda al Piano Bar! Un Piano Bar trascendentale, in cui l’interesse dei convitati cominciò a svegliarsi quando la pianista, improvvisamente, abbandonò il suo repertorio di musiche giudicate di convenienza per lanciarsi in una composizione di alto virtuosismo tecnico, echeggiante l’inconfondibile melodismo della canzone italiana ottocentesca .Si trattava di una suite trascendentale di Franz Liszt, intitolata “Venezia e Napoli”, facente parte, sotto forma di supplemento. della raccolta “Anni di Pellegrinaggio2, consistente in tre brani così intitolati: 1. Gondoliera, basato sulla canzone popolare “La Biondina in Gondoletta ” del cavalier Giovanni Battista Perucchini; 2. Canzone, basato sulla Canzone del Gondoliere dall’opera Otello di Gioachino Rossini; 3. Tarantella, basato su una tarantella napoletana di Guillaume Louis Cottrau.  Quest’ultimo, che si pronuncia cottrau e non cottrò, era un letterato e musicista parigino approdato in Italia al seguito di Gioacchino Murat, il generale che Napoleone aveva nominato Re di Napoli. Cottrau va considerato come il padre della canzone napoletana per gli approfonditi studi sugli usi e costumi musicali di Napoli  e di tutta l’Italia Meridionale nei secoli precedenti.

Adela Liculescu

Adela Liculescu

 Al termine dell’esecuzione, scoppiammo in un caloroso applauso. La pianista si alzò e si mescolò tra noi, poiché erano cominciati i discorsi e gli intrattenimenti. Ho cercato su YouTube un’adeguata esecuzione di “Venezia e Napoli”, ed alla fine ho scoperto che la migliore è quella di Adela Liculescu, che nello Stage I della Rubinstein Competition 2014 ha eseguito questo brano assieme all’ennesima Appassionata, che andrà comunque ad arricchire la vostra collezione. Quanto precede è servito a ricreare l’evento che, una trentina d’anni fa, in Giappone, mi suggerì l’idea del piano-bar di musica classica, un tipo di esecuzione somigliante più che ad un concerto formale, ad un cordiale intrattenimento tra amici. E con ciò torniamo a Noemi Kudo, l’interprete confidenziale di “Carnaval op.9”. Questo Carnevale è una raccolta di motivi tipica della produzione di Schumann, come gli Studi Sinfonici, la Kreisleriama, le Variazioni sul nome Abegg… Una raccolta che si oppone al concetto di sonata classica alla tedesca, basata essenzialmente sull’esposizione del primo tema, seguita poi dalla presentazione del secondo tema, dallo sviluppo e da una quantità infinita di ritornelli. Concettualmente si può riportare alla sonata classica italiana (Domenico Scarlatti), basata essenzialmente sull’intervento di sempre nuovi temi senza sviluppo, e dall’intervento di modulazioni (cambiamento di tonalità). Il Carnaval op. 9, composto nel 1835 quando Schumann aveva 25 anni, è dunque, una raccolta di 22 brani che, col tempo, l’autore numerò e munì di didascalie equivalenti ad una vera e propria autobiografia. Veniamo, quindi, a sapere che, in quel periodo, Schumann frequentava la casa dell’illustre maestro Friedrich Wieck in qualità di allievo. Tutti sappiamo che Schumann sposò Clara Wieck, la figlia del maestro, che divenne la pianista più famosa della storia musicale tedesca, ma dalle didascalie del Carnaval la prima menzione di casa Wieck Schumann la dedica alla loro serva procace e sfacciata (7. Coquette, Si bemolle…), con la quale amoreggiò e dalla quale, dicono, contrasse il male che ne determinò la fine precoce in manicomio. Il primo accenno a Clara avviene qualche numero dopo (11. Chiarina, Do minore…), ma è solo un rapido accenno, perché il giovane Schumann, a quel tempo, era fidanzato con un’altra signorina(13. Estrella: Ernestine von Fricken, Fa minore, con affetto…), alla quale dedica anche il numero successivo (Reconnaissance, La bemolle, animato…). In totale, i 22 numeri di Carnaval, costituiscono una sorta di “Liederzyklus”, una collana di canzoni, come “Dichterliebe” (L’amore di un poeta) dello stesso Schumann, legate tra loro dagli impeti, dalle delusioni, dai fervori e dalle nostalgie del loro romantico protagonista. Questi cicli di canzoni o di brani pianistici, sono le espressioni tipiche del romanticismo musicale tedesco come lo espressero Schumann, Schubert, Mendellssohn…, diverso dal romanticismo di Beethoven che si espresse sulle solide basi sintattiche della forma sonata. Noemi Kudo oltre alla Stage I ha, al suo attivo, anche lo Stage II, ma qui fu fermata dalla giuria. Peccato: se avesse potuto accedere alla finale, avrebbe eseguito, sul suo Fazioli, il concerto n.1 di Brahms. (Segue).

Chopin: Ballade, Beethoven: Appassionata, Milch-Sheriff: Reflections on Love

Chopin: Andante spianato…, Debussy: Preludes no. 5 & 12, Shumann: Carnaval

Beethoven: Appassionata, Liszt: Venezia e Napoli